Yuraiseki (V): Zansetsu, Banri Kozan, Kyusen Hakkai e le vecchie pietre “perdute”

Di Jesús Quintas (qseki)

PARTE QUARTA

4.         Pietre antiche “perdute”

Come indicato nell’introduzione di questo capitolo, non sono riuscito a trovare immagini, descrizioni o dati su due antiche pietre menzionate nel Bonsan Higon e/o nell’Unkon-shi. Tuttavia, devo osservare che non si può escludere che tali libri o altri scritti contengano ulteriori informazioni su di esse. Naturalmente, sono assolutamente aperto a ricevere e trasmettere qualsiasi nuova informazione.

Anche se la mia prima decisione è stata quella di dichiarare semplicemente questa circostanza con la solita espressione “con riserva”, non riuscivo a smettere di pensare e immaginare come sarebbero state queste pietre. Alla fine, un maestro di oltre 2.000 anni fa, Archimede, mi venne in aiuto e mi sussurrò: “Datemi un punto fermo e una leva e potrò sollevare il mondo”. E mi resi conto di avere un punto fermo, il nome di ogni pietra. E il nome poteva contenere uno o più suggerimenti sulla visione suggerita dalla pietra stessa. E Internet poteva cooperare con il mio cervello per agire come una leva. I risultati ottenuti da questo processo sono solo profili vaghi, come era prevedibile, più che ritratti definiti, ma: chi conosce il volto di Juliette? Comunque, oso immaginare che questi risultati molto limitati possano essere di ispirazione o di aiuto all’Archimede interessato.

Per immaginare come potrebbe apparire la pietra ‘perduta’, credo che dovremmo dare una possibilità alla tecnica o allo strumento del ritaglio visivo. Ritengo che possa essere spiegata meglio utilizzando la fotografia come esempio.

Mostro due foto del Fuji-san:

Fuji-san (a distanza)
Fuji-san (media distanza)

Nella vista a lunga distanza percepisco il Fuji-san come una montagna piatta e isolata, ma a media distanza percepisco il Fuji-san in modo più nitido e facile da pensare come una di un insieme di montagne. Si potrebbe pensare che la diversa percezione sia dovuta alle variazioni di distanza e angolazione tra le due foto. Tuttavia, entrambe le foto sono state ottenute ritagliando la stessa foto originale.

Una volta ipotizzate queste differenze di percezione visiva e mentale, è facile fare un ulteriore passo avanti. La contemplazione delle pietre porta spesso a un ritaglio inverso. Siamo in presenza di un’immagine ridotta e semplificata della visione suggerita. Inoltre, se alla pietra viene dato un nome o un titolo specifico, la suggestione e l’immaginazione sono di solito più forti. Ripensando a Banri Kozan, l’immagine reale che stiamo guardando, associata al significato del suo nome, ci indirizza facilmente all’immagine evocata di un vasto scenario di alte montagne.

Quindi, il nome/titolo attribuito a una pietra “perduta” può essere utile in due modi:

  1. scenario o oggetto suggerito nella percezione dell’espositore.
  2. il contesto (storico, filosofico, religioso, ecc.) in cui la pietra è stata esposta.

Grazie ad essi e in combinazione con le caratteristiche della pietra (origine, forma, patina, caratteristiche espositive) è possibile avvicinarsi alla stima dell’età. Nel caso di pietre “perdute” possiamo invece provare a fare delle ipotesi su come la pietra potrebbe, o non potrebbe, essere.

4.1.     Asamayama

A) Collegamento geografico

L’ovvia scomposizione del nome della pietra indicata da Sekitei nel suo Ungon-shi è “Asama+yama“, dove “yama” significa “monte”; quindi, il punto di partenza è che la pietra è in qualche modo legata al monte Asama.

Il Monte Asama (Asama-yama, di seguito) si trova al confine tra le prefetture di Gunma e Nagano, nell’isola centrale di Honshu, ed è il più alto di un gruppo di crateri situati su un altopiano vulcanico piatto. Il parco vulcanico di Onioshidashi è un importante centro turistico che offre una magnifica vista su Asama-yama.

Va ricordato che l’Asama-yama è il vulcano più attivo di Honshu, l’isola principale e più grande del Giappone, ed è anche uno dei più alti (2.544/2.568 metri). Solo considerando quanto accaduto negli ultimi quattro secoli, ha registrato un gran numero di fenomeni eruttivi: 23 (XVII), 28 (XVIII), 5 (XIX), 34 (XX) e 5 (XXI, fino al 2020). Di particolare interesse sono le 44 eruzioni registrate tra il 1644 e il 1769. Questi episodi eruttivi quasi continui possono spiegare perché i nomi Asama o Asamayama sarebbero stati dati a uno o più bonseki nel 1700.

La distanza diretta da Asama-yama al Fuji-san, Tokyo e Meoto Iwa (Married Couple Rocks – Rocce Maritate) a Ise è rispettivamente di circa 150, 100 e 200 km. Va notato che il Fuji-san è visibile da Tokyo e da Meoto Iwa, ma non ho trovato alcuna indicazione che il Fuji-san sia visibile da Asama-yama, né nei testi né nelle foto. Pertanto, ritengo poco probabile che il Monte Fuji possa essere osservato dal Monte Asama né attualmente né in passato.

B) Significato del nome

Supponendo che sia corretta la scomposizione in Asama-yama del nome della pietra (Asamayama) suggerita nella precedente lettera A), mi chiedo quale sia il significato di “asama”. Dopo qualche ricerca in Internet, ho trovato questi significati principali:

  • mattina, durante la mattina
  • garanzia, aiuto
  • vulcano (dall’antica lingua Ainu)

I primi due significati possono suggerire, volendo, un collegamento tra due monti (Fuji e Asama): una vista del Fuji all’alba e/o un legame subordinato, come viene discusso nella lettera C) che segue.

C) Collegamenti storici e/o culturali

Non sono riuscito a trovare particolari eventi storici o sociali legati all’Asama-yama di Oniohidashi, nelle prefetture di Gunma/Nagano, né un gran numero di templi o santuari alle sue pendici. Si menziona solo un tempio di Asama, costruito nel 1958 come tributo alle vittime dell’eruzione del 1783.

Tuttavia, una ricerca con il termine “santuario di Asama” ha prodotto un risultato inaspettato. Il termine “santuario Asama” si riferisce a un tipo di santuari shintoisti dedicati in particolare ai kami dei vulcani e più specificamente al Monte Fuji; esistono circa 1.300 santuari Asama, situati principalmente nelle prefetture di Shizuoka e Yamanashi e in vista del Monte Fuji (Fuji-san). Il kami principale dei santuari Asama è Konohanasakuya-hime, originariamente associato alla protezione dal fuoco.

Il principale dei santuari Asama e Sengen è il Fujisan Hongu Sengen Taisha, situato a Fujinomiya, nella prefettura di Shizuoka, a circa 20 km dal Fuji-san, da cui si gode una splendida vista diretta. Tradizionalmente si ritiene che sia stato fondato prima del periodo storico del Giappone e che sia stato costruito nella sua posizione attuale sotto il regno dell’imperatore Keiko (13 a.C. – 130 d.C.). Ovviamente, si tratta di un santuario scintoista. È molto significativo che le testimonianze storiche rimangano fino al IX secolo e che vi siano allusioni a eruzioni avvenute tra il 781 e l’806 e che il santuario sia stato eretto per placare i kami del Fuji-san.

A questo punto, l’impressione iniziale che Asamayama possa riflettere una connessione tra Asama-yama e Fuji-san si rafforza, ma, a mio avviso, si possono discutere due approcci che si escludono a vicenda:

a) Collegamento “materiale”

Questa connessione può essere espressa come “da montagna a montagna”, vale a dire: il Fuji-san è la montagna e il vulcano più alto del Giappone, mentre l’Asama-yama è il vulcano più attivo del Giappone, e entrambi presentano alcune caratteristiche simili o complementari:

  • Entrambi i vulcani emergono da un altopiano risultante da una lunga successione di eruzioni, che hanno creato una serie di strati di lava e di bocche e che hanno prodotto diversi crolli.
  • L’altopiano di Asama-yama è costituito principalmente da terreni aridi, mentre l’altopiano del Fuji-san non solo possiede una vegetazione verdeggiante, ma è anche circondato da una cerchia di laghi (i cinque laghi del Fuji: Kawaguchi, Motosu, Sai, Shoji e Yamanaka) e altri (Hakone, Takone, ecc.).
  • Ci sono diversi antichi santuari shintoisti con vista diretta sul Fuji-san e a una distanza relativamente breve da esso, ma non c’è nessun santuario (shintoista) vicino ad Asama-yama, ma solo un tempio (buddista), non risalente al periodo Edo ma costruito molto recentemente (1958).

Va notato che ci sono altri “Monti Asama” in Giappone. Ho trovato, in una ricerca non esaustiva, queste due menzioni:

  • Asama-yama, nella prefettura di Mie. È alto 555 m e dista circa 200 km dal Fuji-san; è anche vicino alle rocce di Meoto Iwa. Sul suo versante si trova Kongosho-ji, un rinomato tempio buddista. Non ho trovato alcuna immagine o testo che indichi una vista diretta sul Fuji-san.
  • Asama-san, nella prefettura di Niigata. Non sono riuscito a trovare informazioni su quale monte sia questo né dove si trovi. Ci sono alcune informazioni sui vulcani situati a Niigata, tra cui Yakeyama (2.400 m) e Myokosan (2.454 m), apparentemente moderatamente attivi. Non sono riuscito a trovare riferimenti a santuari Asama o Sengen a Niigata.

Pertanto, si potrebbe ritenere che l’Asamayama perduto fosse un bonseki non collegato al Fuji-san, ma a un’altra montagna-vulcano significativa e che tale montagna fosse l’Asama-yama delle prefetture di Gunma/Nagano, considerando la sua altissima attività vulcanica nel 1600 e 1700.

b) Collegamento “spirituale”

Come indicato in precedenza, quando ho cercato il significato della parola “Asama” ho scoperto che esiste una classe di santuari shintoisti dedicati principalmente al culto del Fuji-san e che includono nel loro nome le parole “Asama” o “Sengen“. In alcune delle fonti consultate si afferma che “sengen” è una pronuncia alternativa del kanji di “asama”, pur mantenendo lo stesso riferimento/significato legato al “vulcano” o al “Fuji-san kami” (nome equivalente: “Asama-no-kami“).

Ho analizzato il legame spirituale prendendo in considerazione le due pratiche religiose giapponesi più estese, lo shintoismo e il buddismo, e la sua relazione con il Fuji-san. A questo scopo ho adottato alcune affermazioni, sinteticamente espresse come segue:

  • Per quanto riguarda lo shintoismo, mi sono concentrato sulle caratteristiche distintive dello stile Asama/Sengen e dei suoi santuari rappresentativi.
  • Per quanto riguarda il buddismo, mi sono concentrato principalmente sui santuari giapponesi della setta Nichiren inclusi nel gruppo Fuji Gozan (cinque templi del Fuji), come espresso nei suoi templi e monasteri.
  • L’attenzione si è concentrata principalmente sui santuari/templi situati nelle prefetture di Shizuoka e Mie e, in misura minore, anche nelle prefetture di Nagano e Niigata.
  • Le pratiche shintoiste-buddiste sincretiche, cancellate dal periodo Meiji, sono state escluse da questa analisi.

Santuari shintoisti Asama/Sengen

Sembra ampiamente accettato che attualmente in Giappone esistano circa 1.300 santuari di questo stile che condividono alcune caratteristiche:

  • In essi il culto è tributato al Fuji-san divinizzato, il cui “kami” ha ricevuto il nome di “Asama-no-kami“.
  • Ovunque sia possibile, vengono eretti dei santuari per avere una visione diretta e indisturbata del Fuji-san. Se ciò non è possibile, i santuari contengono rappresentazioni del Fuji-san.
  • Di solito i santuari non vengono collocati sulla cima del monte prescelto, in quanto considerata sacra; è persino insolito collocare il santuario sulle pendici del monte.
  • Per quanto ne so, non esistono santuari sui monti designati “Asama” o il cui nome sia legato al Fuji-san.

Va notato che la maggior parte, se non tutti, i santuari Asama/Sengen situati entro una distanza di 50 km dal Fuji-san godono di una vista diretta su di esso. Anche alcuni santuari situati a una distanza maggiore sono stati eretti in luoghi che consentono una visione diretta del Fuji-san. Un caso particolare è il santuario Futami Okitama, a Ise, nella prefettura di Mie (a circa 200 km di distanza); questo santuario non Asama/Sengen conserva le famose pietre cordate di Ise (Meoto Iwa).  

Templi buddisti Nichiren

Ho raccolto informazioni sui templi situati negli stessi luoghi (o molto vicini) dei santuari Asama/Sengen che godono di una vista diretta sul Fuji-san, nonché sui templi collegati ai due monti chiamati Asama che ho trovato nel parco vulcanico di Onioshidashi, nelle prefetture di Nagano/Gunma, e a Ise, nella prefettura di Mie.

Tra i templi dell’area circostante il Fuji-san, un’attenzione particolare è stata riservata ai templi inclusi nel gruppo denominato “Fuji Gozan” a Fujinomiya, nella prefettura di Shizuoka. Tutti questi cinque templi si adattano a un modello comune presente in altre città rilevanti del Giappone (Kamakura e Kyoto, inizialmente, e successivamente anche altre città come Hamamatsu, ecc. Gozan è il nome assegnato a un gruppo di cinque templi prestigiosi e di solito di lunga data che ricevono la considerazione di “Grandi Templi [buddisti]” della città e beneficiano della protezione delle autorità imperiali o shogunali e, a partire dal periodo Meiji, del governo, nonché di abbondanti pellegrinaggi da tutto il Giappone.

Anche se di solito si afferma che il sistema Gozan (sistema delle Cinque Montagne/Templi) è stato creato in Cina e introdotto in Giappone dalle sette buddiste Chan/Zen. Questo non è il caso del Fuji Gozan, così chiamato perché si trova a Fujinomya, nella prefettura di Shizuoka, dove il sacerdote Nichiren fu esiliato dallo shogunato Kamakura nel 1300. Egli creò una nuova setta buddista (che porta il suo nome) che criticava la maggior parte, se non tutte, le altre sette buddiste e sosteneva che la sua interpretazione del “Sutra del Loto” fosse l’unica autentica da seguire.

Tra i Fuji Gozan, solo due templi godono di una certa visione diretta del Fuji-san. L’esclusione dei postulati di Nichiren nei confronti delle altre sette buddiste è più chiaramente estesa allo shintoismo, per cui non è credibile che esso presti una speciale devozione ad Asama-no-kami, se esiste. Curiosamente, i templi Fuji Gozan sembrano essere collocati in modo tale da cercare di circondare il Fujisan Hongu Sengen Taisha, il principale santuario Asama.

In questo contesto sembra improbabile che il nostro Asamayama perduto fosse collegato al Fuji-san. In alternativa, alcuni templi buddisti sono dedicati a Kannon, la dea buddista della misericordia; è il caso dell’Asamayama Kannon-do della setta Zen Tendai, situato nel parco vulcanico di Onioshidashi, ai piedi dell’Asama-yama, nelle prefetture di Nagano-Gunma. Dall’altro lato, il Kongoshi-ji della setta Zen Rinzai, a Ise, nella prefettura di Mie, è un tempio situato sul pendio di una collina di 555 m, chiamata Monte Asama, dedicato a Kokuzo Bosatsu, dio della compassione.

L’analisi condotta mi porta a concludere che esistono due opzioni alternative su quella che potrebbe essere l’immagine suggerita dalla pietra Asamayama perduta:

  • Asama-yama, nel parco vulcanico di Onioshidashi, esteso alle prefetture di Nagano e Gunma; e
  • Fuji-san, come invocazione venerata ad Asama-no-kami, il dio dei vulcani.

In base alle informazioni che ho potuto raccogliere e comprendere, non c’è motivo di escludere una di queste opzioni.

D) Pietre “immaginarie”

Naturalmente, c’è un consiglio importante su cui devo insistere: le immagini proposte qui non sono altro che due possibilità tra un numero infinito di possibilità.

In base alle caratteristiche e alle considerazioni precedentemente indicate, mi permetto di immaginare due “possibili” pietre che sarebbero conformi rispettivamente all’Asama-yama e al Fuji-san, senza contraddizioni con l’Asama scintoista e/o con le pratiche buddiste.

a) Somiglianza con Asamayama

Come indicato in precedenza, l’Asama-yama è il vulcano più attivo di Honshu (l’isola più grande del Giappone, in cui si trovano Kyoto e Tokyo) ed è tra le 10 montagne più alte. A seconda del punto da cui lo si osserva, la sua forma è diversa e il suo cono principale può avere una forma simile a quella del Fuji o mostrare una cima rotonda o addirittura piatta (ci sono quindi montagne giapponesi che hanno la stessa forma delle pietre piatte liguri!). Una foto tipica dell’Asama-yama mostra una bocca secondaria che crea un’immagine di padre/madre e figlio.

Asama-yama che mostra una cima piatta
 
Asama-yama: padre/madre e figlio

Questa foto mi ricorda una pietra che viene spesso mostrata nelle pubblicazioni giapponesi (ad esempio, Densho-seki, p.67, e Covello-Yoshimura, p.49):

Suiseki di tipo padre/madre e figlio

A mio parere, non riesco a immaginare una somiglianza migliore di Asama-yama. Entrambe le immagini, quella della montagna vera e propria alta più di 2.500 metri e quella della piccola pietra di soli 8 cm, mostrano un’accettabile somiglianza nella forma e nell’aspetto. Pertanto, non oso presentare un disegno scadente da parte mia.

Permettetemi un commento e un’argomentazione finale sulla scelta dell’Asama-yama di Onioshidashi come possibile ispirazione per la pietra Asamayama “perduta”, nonostante la costruzione più vicina ad essa dedicata risalga solo al 1958, quasi 200 anni dopo la stesura di Bonsan Higon e Unkon-shi. Se questo è vero, non implica che l’Asama-yama fosse un vulcano temibile ma remoto e ignorato, sconosciuto ai più. A riprova del contrario, si vedano le seguenti osservazioni:

  • Dopo l’eruzione del Tenmei (1783), il tempio Kanei-ji, legato alla famiglia imperiale, prestò soccorso alle vittime nei dintorni dell’Asama-yama.
  • Nel famoso libro ‘One Hundred Mountains of Japan’ (Le cento montagne del Giappone) di Kyuya Fukada (1964), l’Asama-yama è incluso al numero 43 con il nome di Asama-san, alle pp. 129-131 della traduzione inglese di Martin Hood (2015).

La seconda osservazione è particolarmente rilevante perché, oltre alle sue esperienze personali, Fukada afferma che Asama-yama poteva essere ammirato da tutti i viaggiatori che passavano per la “via di separazione” di Oiwake. Inoltre, egli nota che Asama-yama è citato nell'”Ise Monogatari” (una raccolta di racconti noti fin dal IX secolo); è anche menzionato in uno degli haiku di Baisho (1644-1694) e nelle poesie popolari di Oiwake. Questi indizi fanno supporre che l’Asama-yama, dal temperamento irascibile, abbia un posto nella cultura e nella società giapponese da molto tempo.

b) Somiglianza con Fuji-san

Si è già detto che i santuari Asama che non godono di una vista diretta e senza ostacoli sul Fuji-san conservano immagini di quest’ultimo; in alcuni casi è stato indicato che tali immagini provengono da pietre raccolte dal Fuji-san. È quindi probabile che le pietre che assomigliano alla parte superiore del Fuji-san siano altamente preferite.

Le informazioni raccolte sui santuari Asama rivelano anche che ci sono circa 1.300 santuari in tutto il Giappone, come indicato in precedenza. Ora ipotizziamo che i santuari che godono di una vista diretta sul Fuji-san siano circa 300. Quindi, ci sarebbero 1.000 santuari che conservano immagini o pietre della montagna venerata e possiamo ipotizzare, ancora una volta, che almeno il dieci per cento di tali immagini siano pietre ispirate al Fuji-san. Dove sono questi 100 potenziali bonseki?

Anche nell’ipotesi che la maggior parte di queste pietre sia stata distrutta da incendi, terremoti o altri eventi, o che sia stata rubata o nascosta per qualsiasi motivo, trovo difficile credere che tutte siano andate definitivamente perdute, rimaste sconosciute o senza un nome specifico.

Il mio Asamayama “immaginario” come immagine del Fuji-san non è molto diverso da altri bonseki del Fuji attestati o di cui si sostiene l’esistenza fin dal periodo Edo ed è mostrato di seguito.

Asamayama, come immaginata nella venerazione del Fujisan

Assomiglia molto alla foto “ritagliata” di Fuji-san mostrata all’inizio di questa sezione? Sì, è vero, ma devo far notare che non è una copia identica; potete controllare.

Qualunque sia l’Asamayama “perduto”, ritengo che l’haiku di Basho citato da Shirane sia il più appropriato per lei:

From Asama they’re torn

the very stones, so wild

this autumn storm.

che oso tradurre in spagnolo come:

De Asama, rotas

las rocas; tan violenta

tormenta, otoño.

(in italiano [trad. Laura Monni]:

Da Asama sono state strappate

le pietre stesse; così violenta

questa tempesta d’autunno.)

4. 2 Hiryu

Tralasciando Hatsuhashi per il prossimo capitolo, Hiryu è la pietra che completa l’elenco dei nove yuraiseki menzionati da Marushima, 2002 (p.167) e discussi in questa serie. Quando ho iniziato a raccogliere informazioni, dati e documentazione per questo progetto, circa 3 anni fa, l’unica informazione che avevo su Hiryu era il suo nome. È quindi facile capire perché il suo studio sia stato lasciato in sospeso fino ad oggi. Ma non è stata dimenticata in alcun modo.

A) Connotazione geografica

Il primo passo per approfondire la conoscenza della pietra è stato quello di condurre un’ampia ricerca per capire se Hiryu potesse essere collegata a qualche luogo geografico. Sono riuscito a trovarne solo uno: cascate di Hiryu, Hakone, prefettura di Kanagawa.

Cascate di Hiryu, Hakone

Le cascate di Hiryu si trovano a una distanza in linea retta di circa 33 km dal Fujisan e si trovano nel cerchio che lo circonda; tuttavia, non sono stato in grado di attestare che possano godere di una vista indisturbata del Fuji-san. Le cascate di Hiryu si trovano alle pendici della foresta del monte Tokashu, ma non è detto che dalla zona delle cascate si possa godere di una notevole vista del monte. Allora, qual è la chiave per cui uno yuraiseki deve prendere il loro nome?

B) Il significato del nome

Il secondo passo è stato quello di cercare il significato della parola giapponese “Hiryu”, ottenendo all’unanimità gli stessi risultati: “drago volante” e “wyvern“.

Nelle culture dell’Estremo Oriente, il “drago” è un essere leggendario o mitico, la cui immagine include le caratteristiche del serpente e del coccodrillo (pelle con squame, corpo e coda lunghi e flessibili, due o quattro zampe con 3 o cinque artigli), così come dei mammiferi (bocca e naso simili a quelli di un cane) e altre aggiunte (ali simili a quelle di un pipistrello, capacità di volare e parlare). Il drago è associato all’acqua (e ai venti) ed è considerato una divinità o una rappresentazione delle forze della natura, più che un mostro.

Buddha che cavalca un drago, di Kunisada II Utagawa (1823-1880)

Il nome “wyvern” si riferisce a un tipo di drago o serpente mitico, con grandi ali da pipistrello e due zampe superiori munite di artigli; il wyvern è una figura ampiamente utilizzata nell’araldica e simbolo dello sport e di associazioni e squadre scolastiche. In base alle sue “caratteristiche”, il wyvern può essere considerato simile al “drago volante”.

Wyvern (disegno)

C) Legami storici e/o culturali

Sebbene i draghi siano elementi consolidati della cultura dell’Estremo Oriente e siano ampiamente rappresentati in immagini, disegni e letteratura e, ai giorni nostri, nei tatuaggi, non ho trovato alcun riferimento significativo ai draghi in eventi o episodi storici del Giappone né nella dedica ad essi di templi o santuari. Al contrario, nelle narrazioni sulle origini del Giappone si fa ampio riferimento ai draghi e al loro passaggio a divinità e uomini, e viceversa.

Ci sono riferimenti religiosi ai draghi tanto nello shintoismo quanto nel buddismo.

Sebbene sia stato realizzato nel 1897 (dopo la restaurazione Meiji del 1868), vale la pena citare un ukiyo-e di Ugata Gekko, che illustra il legame del Fuji-san con la mitologia del drago.

“Fuji e drago”, di Ogata Gekko (1859-1920)

D) Pietra “immaginaria”

Ci sono un gran numero di meravigliose cascate in tutto il Giappone, anche nella zona circostante il Fuji-san. Ci si chiede quindi perché questa pietra abbia preso il nome di cascata di Hiryu. Mi permetto di proporre due fattori non esaustivi ma plausibili: (i) la pietra è stata raccolta, coltivata e/o “battezzata” nel contesto del periodo Tokugawa (Edo); e (ii) la pietra presenta una caratteristica che ricorda un drago volante o un wyvern.

A mio avviso, il primo fattore può essere accettato, considerando che la Hiryu è menzionata nell’Ungon-shi (1773) di Sekitei, ma, secondo le informazioni che ho potuto raccogliere, non è menzionata nelle Cinque Pietre di Yoshimasa (vedi discussione sul Kyusen Hakkai), né in altri scritti del periodo Muromachi o precedenti.

Poiché la pietra è apparentemente perduta, il secondo fattore va considerato in modo inverso. In altre parole, se la pietra di Hiryu indicata fosse disponibile a vista e contenesse una forma o un motivo suggestivo di un drago volante, saremmo portati ad accettarla, coeteris paribus, come un solido candidato come la pietra che stiamo cercando. Poiché questo approccio diretto non è possibile, possiamo invertire il processo: presupponiamo che la pietra in questione dovrebbe possedere quella suggestione di un drago volante e, considerando che è del periodo Edo, cerchiamo di immaginare come sarebbe stata, ispirata dalle cascate di Hiryu.

Tuttavia, il processo inverso deve essere preso con cautela, come dimostra il caso di Rozan (si veda il capitolo IV). Sebbene la traduzione letterale di “Rozan” sia “Monte Lu” [per Lujiang], è stata intesa e tradotta come “Li Po che guarda la [o “medita su una”] cascata di Lushan” (Covello – Yoshimura, 1984, p.21). Questa lunga traduzione contiene quattro elementi: Li Po, sguardo/meditazione, Monte Lu e cascata; tuttavia, solo i due iniziali (Li Po, sguardo/meditazione) sono effettivamente presenti nella pietra.

Potrebbe essere questo il caso del mio Hiryu “immaginato”? Non credo. La scena di Li Po che vaga per le montagne e le foreste cinesi del Sichuan, dell’Hubei, dello Yunnan, del Guizhou e del Guangxi e guarda le montagne e le cascate è ben nota e lo sguardo specifico alle cascate del Monte Lu è il tema di una poesia molto specifica di Li Po, e ce ne sono altre che possono essere considerate collegate alla stessa situazione o a situazioni simili. Pertanto, qualsiasi persona colta, cinese o giapponese, è in grado di riconoscere in Rozan una parte della scena (Li Po che guarda) e di completarla immediatamente con l’oggetto del suo sguardo (una meravigliosa cascata del Monte Lu).

Per quanto ne so, questo non sembra essere il caso di Hiryu. Non ho trovato alcuna poesia che faccia riferimento alla cascata di Hiryu e a un drago o a una persona o che, in qualsiasi altro modo, descriva o suggerisca uno scenario, come accade per Rozan. Quindi, a mio avviso, la pietra deve contenere esplicitamente una suggestione di un drago in volo o di una cascata che ricorda le cascate di Hiryu, o di entrambe le cose.

In base a questa premessa, il punto di partenza per il mio Hiryu immaginario è la somiglianza con un drago in volo, suggerita dall’osservazione di un’esile cascata, preferibilmente simile alle cascate Hiryu, ad Hakone. Come intendo discutere in modo più dettagliato nel prossimo capitolo di questa serie, una caratteristica abituale dei bonseki del periodo Edo è quella di possedere una pelle liscia e strutturata e di avere occasionalmente altre caratteristiche incorporate nella pietra, come disegnate sulla superficie della pietra. Per quanto riguarda la forma della pietra nel suo complesso, di solito è simile a quella di piccoli massi di fiume.

Non potendo decidere una forma specifica per Hiryu secondo lo stile del periodo Edo, ho scelto l’alternativa di una forma che racchiudesse semplicemente la caratteristica principale, evitando ulteriori elementi dettagliati.

Hiryu “immaginato”

Trovo che la forma di Hiryu “immaginata” si avvicini a quella di molte moderne pietre a cascata Abegawa o Kifune, quindi in stile post-Edo. Il mio interesse si è concentrato sulla cascata a forma di drago mostrata nella foto della cascata di Hiryu, che appare incisa nella lussureggiante foresta circostante. Ma, naturalmente, non c’è alcuna presunzione che la pietra reale avesse questa forma.

Un altro punto che potrebbe essere discusso è la silhouette troppo stilizzata del mio immaginario “drago volante“, che potrebbe essere considerata discordante dall’immagine della foto. Perché non è stato disegnato secondo il modello del “wyvern“? Mi rendo conto che è stata soprattutto una questione di gusto personale. In ogni caso, credo che la foto sia stata scattata in un periodo di massima portata d’acqua, probabilmente in primavera, e non rifletta il livello usuale dell’acqua; inoltre, ho l’impressione che i draghi cinesi e giapponesi siano più spesso raffigurati con ali molto piccole o senza.

Per quanto riguarda l’esposizione della pietra, tra le infinite possibilità, mi sono orientato verso una presentazione che cerca di assecondare una delle preferenze del periodo Edo, l’uso di incensieri o vasi, evitando però la mera ripetizione della presentazione in stile Ming usata da tempo per Yumeno Ukihashi. Il mio schizzo propone un vaso di bronzo ellittico più alto del solito, di colore verde scuro. Anche se nello schizzo il vaso è disegnato senza decorazioni, mi rendo conto che una leggera decorazione delle pareti migliorerebbe la presentazione. Contrariamente alla scelta attuale di suiban o doban grandi e poco profondi nelle esposizioni di taki-ishi (pietre a cascata), ritengo che quando una lunga cascata verticale è l’unica o la principale caratteristica della pietra ed è più alta che larga, il rafforzamento dell’aspetto e del flusso verticale migliora la magnificenza dell’esposizione, quindi è meglio che il vaso o il vassoio non solo sia relativamente alto ma anche più adeguato alla larghezza della pietra.

Esposizione di Hiryu: proposta 1

Va notato che la proposta 1 si limita alla presentazione della pietra e del suo elemento di supporto, prima di studiare e decidere lo shoku, il kakejiku e altri elementi supplementari.

A tal fine, ho immaginato una proposta 2, che presenta un display toko-kazari.

Esposizione di Hiryu: proposta 2 (toko-kazari)

Si può notare che il supporto della pietra è ora un sottile daiza invece di un alto vaso di bronzo; il miglioramento della verticalità è dato dall’uso di uno shoku alto e sottile, per suggerire che il drago stia effettivamente volando verso le regioni celesti. Il kakejiku è stato collocato in posizione decentrata, leggermente a destra; il complemento orizzontale è una rana, che funge da kigo che indica la primavera; la scena raffigurata è una notte di luna piena quasi nascosta tra le nuvole. Lo sfondo verde scuro del kakejiku si riferisce all’ombra della profonda foresta che circonda la cascata. L’intera presentazione è conforme alla forma di triangolo scaleno raccomandata.

Spero che, osservando la composizione, concordiate sul fatto che le zone vuote e quelle piene fluiscono senza impedimenti e rispettano il principio yin-yang.

Vorrei tentare di completare la discussione su Hiryu con questo mio mediocre haiku.

Budding forest,

reviving new waters;

hiryu is awake.

  • Spagnolo

Brotan los bosques

nuevas aguas reviven;

vuelve el dragón.

  • Italiano (trad. Laura Monni)

La foresta germoglia

Rivivono nuove acque;

Il dragone Hiryu è sveglio.

E) Una revisione dell’ultimo minuto

Sono molto grato all’AIAS per aver accettato il mio suggerimento di pubblicarlo gradualmente in parti separate, per facilitarne la lettura e l’apprezzamento, nel bene e nel male. Inoltre, questa decisione ha permesso di includere le seguenti righe che presentano un caso particolare di “eco”.

Quando ho selezionato le mie pietre per l’Exposeki (il nome abbreviato che ho proposto per designare la mostra Suiseki) che si è tenuta a Valladolid, in Spagna, dall’1 al 3 aprile 2023, ho scelto una probabile pietra Kifune, che era nella mia collezione da prima del 2009. All’epoca aveva ricevuto il nome di “Cascata delle Fate”, in quanto mi suggeriva una cascata che io e la mia famiglia avevamo visitato durante un viaggio estivo in Norvegia. Ma oggi, solo pochi mesi dopo aver scritto di Hiryu lo yuraiseki perduto, mi sono reso conto di quanto la cascata raffigurata nella pietra assomigli alla vera cascata di Hiryu. Per questo motivo, sono certo che capirete e condividerete la mia decisione di cambiare il nome della pietra in “Hiryu”, come tributo allo yuraiseki perduto (?).

‘Hiryu’ (Kifune) e l’eco

A mio avviso, questo è un esempio appropriato di ciò che definisco “eco” e riproduce il modo in cui la suggestione evocata dalla visione della pietra viene prodotta dalla nostra mente. Il nostro cervello immagazzina continuamente immagini (dati, emozioni, momenti, ecc.) ed è anche in grado di recuperarle e collegarle a situazioni che stanno accadendo o che occupano il nostro interesse in quel momento.

Ciò che trovo particolarmente strano in questo caso è che non sono stato in grado di riconoscere questa eco quando stavo inizialmente preparando i commenti sulla pietra perduta di Hiryu (anche se la pietra di Kifune è apparsa nella copertina di un libretto che avevo scritto nel 2009), ma è emersa mesi dopo quando stavo semplicemente selezionando le pietre per una mostra.

Infine, è interessante notare che a Exposeki Valladolid abbiamo presentato 8 esposizioni di eco; in 6 di esse, l’immagine dell’eco è stata mostrata in un rotolo (kakejiku), producendo un impatto sorprendente sulla maggior parte degli spettatori.

articolo di Jesús Quintas, ‘qseki’ (Spagna)© RIPRODUZIONE RISERVATA

Traduzione a cura di Laura Monni. Pubblicazione a cura di Aldo Marchese

BIBLIOGRAFIA SUPPLEMENTARE 

Oltre a quelli indicati nei precedenti capitoli di questa collana e parzialmente correlati a questo capitolo, si fa riferimento ai seguenti libri:

  • FUKADA KYUYA: One Hundred Mountains of Japan, di Kyuya Fukuda, University of Hawai Press, Honolulu, 1964. Traduzione inglese di Martin Rood, 2015. ISBN 978-0-8248-4752-4.
  • HOFFMANN YOEL: Japanese Death Poems, di Yoel Hoffmann (compilatore), Tuttle Publishing, 1986. ISBN 978-4-8053-1443-2.
  • SHIRANE HARUO: Japan and the Culture of the Four Seasons, di Haruo Shirane, Columbia University Press, New York, 2012, ISBN 978-0-231-15280-8.

Si noti che la ricerca è stata effettuata principalmente attraverso una ricerca approfondita utilizzando risorse Internet, come Wikipedia e Google, enti culturali e turistici, con particolare riferimento a pagine web relative a monumenti, pagine web ufficiali, enti religiosi, ecc.

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