Yuraiseki (V): Zansetsu, Banri Kozan, Kyusen Hakkai e le vecchie pietre “perdute”

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PARTE 3.         Kyusen Hakkai

Per quanto simile sia il punto di partenza, la ricerca su questa pietra ha richiesto un percorso più lungo e tortuoso rispetto a quello su Banri Kozan. Come per Asamayama (si veda il punto 4.1), il punto di partenza era limitato al suo nome, composto da due parole separate, Kyusen e Hakkai, per cui ho considerato due opzioni di base:

  • ogni parola si riferiva a una pietra separata, ma erroneamente il segno della virgola (,) era stato omesso; oppure
  • entrambe le parole si riferivano a un’unica pietra.

Per verificare la prima opzione, ho inizialmente utilizzato un approccio linguistico al significato, ottenendo questi risultati:

  • kyusen: Ade, regioni infere; archi e frecce (spesso usato in riferimento ai samurai), guerra; armistizio; pesce arcobaleno; 9.000; 9+sen.
  • hakkai: otto precetti; apertura/primo incontro; otto volte; otto stagni; 8+kai.

Questi risultati hanno fornito una relazione apparentemente sorprendente tra le due parole: ‘kyusen’ includeva un riferimento e un kanji relativi al numero nove, mentre ‘hakkai’ includeva un riferimento e un kanji relativi al numero otto. Ad ogni modo, ho lasciato questo punto momentaneamente da parte.

Il passo successivo è stato quello di cercare una connessione geografica di ogni parola, considerata separatamente, ottenendo questi risultati:

Kyusen

La corrispondenza più stretta trovata è quella con le grotte di Kyusendo, nel distretto di Kuma, situato nell’isola di Kyushu, la terza e più meridionale tra le cinque isole maggiori del Giappone. Kuma dista più di 900 km da Tokyo.

Hakkai

È stato facile trovare riferimenti alla città di Oshino Hakkai. Si trova nella regione conosciuta come i Cinque Laghi del Fuji (in realtà si trova tra i laghi Yamanaka e Kawaguchi). L’attuale Oshino Hakkai è un’espansione piuttosto recente del villaggio di Oshino, ma la zona di Hakkai e i suoi otto laghetti naturali erano già noti nel periodo Edo e godono di una splendida vista diretta sul Fuji-san.

Per questo motivo, Oshino Hakkai sembrava il candidato migliore per ispirare il nome di un bonseki collegato al Fuji-san, a patto che “kyusen” si riferisse ad un’altra pietra.

Ad ogni modo, ho preparato delle “colline” di carte separate per ogni candidato e ho anche fatto dei disegni approssimativi di pietre immaginarie che potessero andare bene. Ma non riuscivo a smettere di pensare alla possibilità che il caso fosse di un’unica pietra intitolata “Kyusen Hakkai”. E poi…

3.1.     La tradizione tramandata

In questi casi di persistente esitazione sono solito andare avanti e indietro per documenti, pubblicazioni e ricerche alla ricerca di una chiave magica che mi aiuti ad aprire una porta chiusa. Come faccio abitualmente, ho letto ancora una volta l’articolo di WIL 2017, e nella sua seconda parte, a pag. 5, ho trovato questo paragrafo, ricavato da Wil dall'”Unkon-shi”, di Kinouchi Sekitei (1724-1808):

“Nel tempio Raigoji di Sakamoto, nella provincia di Omi, c’è una pietra chiamata Kusen hakkai, o ‘Nine mountains, eight seas” (Nove montagne, otto mari). È più grande della maggior parte dei bonsan […]”.

Eureka! C’era una pietra già nota nel periodo Edo chiamata “K[y]usen hakkai”, anche se implicava che tutti i lavori eseguiti in precedenza non valevano un centesimo, ma solo alcuni pezzi di cultura personale. In un certo senso, c’era una connessione tra le “nove montagne” e gli “otto mari”.

Con questa base di appoggio, sono tornato di nuovo a Densho-seki cercando i kanji di ‘nove’ e ‘otto’ (come sono in grado di identificarli) nel nome di una qualsiasi pietra. Ed è successo! A pagina 28 del Densho-seki è riportato il nome di una pietra con questi kanji:

.

k(y)u: nine (9)

san, yama: mount(ain), temple or shrine, title of honor

.

ha(chi): eight (8)

kai: sea, pond

.

Se confrontato con la scrittura nell’articolo di Wil, si può capire che:

  • primo kanji è stato romanizzato come ‘ku’, invece di ‘kyu’, sebbene entrambe le forme siano accettate;
  • secondo kanji è stato romanizzato come ‘sen’, invece di ‘san’, ma entrambe le pronunce sono accettate;
  • terzo kanji appare romanizzato in una forma abbreviata, spesso usata in giapponese per creare una nuova parola combinando parole altrimenti separate; e
  • quarto kanji è usato per mare o oceano, ma anche come stagno (come si può apprezzare nel nome di Oshino Hakkai quando è scritto in caratteri kanji.

Ho quindi stabilito che il nome della pietra descritta e mostrata alle pp. 28-29 del Densho-seki coincide con quello della pietra menzionata in Unkon-shi.

3.2.       Contesto culturale e storicità

Dalla breve citazione di Unkon-shi si evince che Kyusen Hakkai può essere tradotto in inglese come ‘Nine Mountains, Eight Seas’, ma qual è il significato effettivo di questa espressione? Il Dizionario del Buddismo della Biblioteca Nichiren stabilisce che “nove montagne e otto mari” sono le montagne e i mari che costituiscono il mondo secondo l’antica cosmologia indiana. Va notato che la principale di queste montagne è il monte Sumeru, che costituisce il centro del mondo.

A mio avviso, il collegamento del nome al buddismo ha senso, in quanto sarebbe coerente con l’affermazione che la pietra si trovava nel Raigoji, a Sakamoto, nella seconda metà del XVIII secolo. Il problema è determinare se esiste un tempio Raigoji a Sakamoto che possa essere datato al periodo Edo o precedente.

Tra i 15 templi che includono nel loro nome il termine “raigoji” o simili, il più adatto a questo caso sembra essere lo “Shogu-raigo-ji” (scritto anche come parola singola, “shoguraigoji“), situato a Otsu, nell’antica provincia di Omi, attualmente prefettura di Shiga. Dista circa 4 km dal tempio Enryakuji, sul Monte Hiei, e circa 13 km dal complesso del tempio Daitokuji, a Kyoto. Shoguraigoji si trova sulla riva inferiore sinistra del lago Biwa.

A prima vista sembra che questo tempio non sia adatto, poiché non si trova a Sakamoto, ma a Otsu. Tuttavia, come si può notare dalle mappe, le due località formano un tutt’uno. Infatti, il tempio si trova a pochi metri dalla stazione di Sakamoto. Va inoltre notato che il tempio Enryakuji appartiene a Otsu e che il Monte Hiei è in parte attribuito a Otsu e in parte a Kyoto.

Durante la mia ricerca, ho trovato un altro candidato, Shokokuji a Kyoto, poiché il suo nome coincide con quello contenuto nel commento di “Densho-seki”.

Per stabilire quale di questi due templi sia il candidato più adatto a essere quello a cui si riferisce Sekitei nel suo Ungon-shi, ho condotto un test comparativo, basato su queste affermazioni, oltre che su Densho-seki, come mostrato di seguito:

Test comparativo delle dichiarazioni: Shokokuji vs Shojuraigoji

Da questo test comparativo ritengo che sia sufficientemente attestato che:

  1. Ashikaga Yoshimasa (1436-1490; shogun 1449-1474) aveva nelle sue collezioni di oggetti preziosi cinque bonseki (yuraiseki) molto apprezzati: Kyusen Hakkai, Yumeno Ukihashi, Sueno Matsuyama, Zansetsu e Banri Kozan.
  2. Questi cinque yuraiseki furono offerti nel 1463 al tempio Shojuraigoji di Sakamoto, affiliato al tempio Enryakuji, sul Monte Hiei.
  3. Sebbene l’assedio del Monte Hiei da parte delle forze di Nobunaga si sia concluso con l’incendio dell’Enryakuji e della città di Sakamoto, Shojuraigoji fu risparmiato, presumibilmente per ordine dello stesso Nobunaga.

Quando Sekitei scrisse il suo Unkon-shi (1773), vide una pietra chiamata Kyusen Hakkai nel tempio di Shojuraigoji, a Sakamoto, e ritenne che fosse lo stesso yuraiseki di cui si parla nei documenti del periodo Muromachi.

Queste affermazioni sollevano un interessante interrogativo sull’attendibilità del racconto esteso secondo cui (presumibilmente) Hideyoshi avrebbe presentato all’abate buddista alcuni oggetti di grande valore, tra cui uno dei cinque bonseki, come segno di pace. In altre parole, se le pietre appartenevano a Shojuraigoji e questo tempio non era stato colpito dalle conseguenze dell’assedio del Monte Hiei, non era possibile che qualcuna di esse fosse stata offerta dai vincitori; ma, anche se una o più di esse fossero state ottenute dagli assedianti dai monaci, la loro successiva consegna non era altro che una dovuta restituzione, non un regalo.

In ogni caso, a mio avviso, è più importante determinare quale delle pietre sarebbe stata oggetto del racconto.

3.3.     Esame

È giunto il momento di esaminare la pietra Kyusen Hakkai esposta a p. 29 del “Densho-seki”:

Kyusen Hakkai (esposizione attuale)

(60L x 21H X 43P cm)

A prima vista, si percepisce subito che si tratta di una pietra imponente, grande e pesante (credo circa 50 kg o più). Sembra antica, probabilmente di origine cinese e contiene circa nove picchi, che suggeriscono una catena montuosa elevata, addirittura al di sopra del “mare di nuvole”.

L’oggetto di supporto merita una discussione a parte. Anche se è ovvio che non sono un esperto di mobili orientali, a me sembra realizzato in legno, decorato e laccato secondo il gusto cinese, probabilmente prima della dinastia Qing e mostra una presenza robusta. Non è da scartare che possa essere stato realizzato durante la dinastia Song (960-1279).

Considerando congiuntamente quanto appena detto, propendo per l’ipotesi che questa pietra sia precedente al periodo Edo e che corrisponda al nome assegnato di Kyusen Hakkai. È quindi probabile che si tratti del Kyusen Hakkai di cui si parla in antichi scritti dei periodi Muromachi ed Edo.

Ho deliberatamente omesso di nominare l’oggetto di supporto come supporto o daiza e immagino che alcuni lettori sappiano perché. In effetti, è evidente che i contorni della pietra e del supporto non coincidono, come se il supporto fosse stato “riciclato” da un’altra pietra o opera d’arte. Bisogna rendersi conto della difficoltà e del costo di preparare un vassoio o un recipiente in grado di sostenere una pietra così pesante. Si può anche intuire che le dimensioni eccessive del livello superiore incassato siano state fatte così per suggerire gli “otto mari”; per verificarlo, sarebbe utile una visione dal vivo (o un’immagine dall’alto).

Dal capitolo precedente di questa serie, voi lettori conoscete i miei tentativi di immaginare visualizzazioni alternative per le pietre in discussione e questa non farà eccezione. In questa occasione, il mio obiettivo è quello di alleggerire l’aspetto altrimenti massiccio dell’esposizione “ufficiale”, mantenendo però lo spirito antico che ne emana.

L’Alternativa 1 propone la creazione di un supporto in legno montato che mantiene il design della parte superiore dell’attuale supporto e ne sostituisce i piedi con una forma e un design più semplici:

Esposizione del Kyusen Hakkai: Alternativa 1

A mio avviso, questo allestimento rafforza la dignità e il significato profondo della pietra e del suo nome, che appare come un oggetto venerato e suggestivo che induce alla contemplazione e alla meditazione.

L’Alternativa 2 tenta lo stesso obiettivo, ma utilizzando un elemento più semplice e facile da ottenere: un panno. È da notare che avrei voluto ottenere un colore più scuro per la base del panno, ma non sono riuscito ad ottenerlo con la mia gamma di penne a pennello. Vi prego di scusarmi.

Esposizione del Kyusen Hakkai: Alternativa 2

Invece di un haiku, concluderò la presente discussione ripetendo il significato di Kyusen Hakkai: ‘Nine Mountains and Eight Seas embody all the world’ (Nove montagne e otto mari rappresentano tutto il mondo).

articolo di Jesús Quintas, ‘qseki’ (Spagna)© RIPRODUZIONE RISERVATA

Traduzione a cura di Laura Monni. Pubblicazione a cura di Aldo Marchese

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